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mercoledì 3 luglio 2013

La ballata del Silvié

(sull’aria de ‘La ballata del Miche’ di De André)

















Quando hanno aperto la cella
era già tardi perché
con una corda sul collo
freddo pendeva Silvie'.
Tutte le volte che un callo
mi farà mal penserò
a quella notte in prigione
quando Silvie' s'impiccò.

Stanotte Silvie'
s'è impiccato a un chiodo perché
non voleva restare
sette anni in prigione
con la Santanchè.
Stanotte Silvie'
se n'è andato imprecando perché
non poteva svelarti che ha telefonato
soltanto per te.
Io so che Silvie'
ha voluto morire perché
ti restasse il ricordo
del nanosecondo ciulato con te.

Sette anni gli avevano dato
la Corte decise così
perché aveva telefonato
a chi voleva rubargli Rubì.
L'avevan perciò condannato
sette anni in prigione a marcir
però adesso che lui s'è impiccato
la porca faranno arrostir.

Eppure Silvie'
la Minetti ha inviato perché
non voleva che in fondo
tu andassi a finire con la Santanchè.
Domani alle tre
anche Ilda la Rossa verrà
con un’avvocatessa
perché non si fida
che sei all’aldilà.
Domani Silvie'
nella terra bagnata sarà
e qualcuna precoce
che un dì gliel’ha data
su lui piangerà
e qualcuna precoce
che un dì gliel’ha data
su lui piangerà.


Jena Gamuna

sabato 19 febbraio 2011

Il Peggio Poesie: Sulla Porta di Arcore

 La satira politica de Il Peggio ultimamente sta dando molto spazio ai fatti di Arcore. Non ce ne si faccia una colpa, poiché i Satiri del Peggio sono stati letteralmente sconvolti da queste vicende e questi erotici avvicendamenti.Si perdoni perciò il nostro accanimento sul bersaglio facile. La satira, dopotutto, è anche questo.

venerdì 11 febbraio 2011

Peggio Poesie. DE BELLO PHALLICO, cap LXIX

DE BELLO PHALLICO, cap. LXIX 

Papi Silvio Berluscone
è davanti al Rubycone:
“tratto è il dado”, dice Fede,
da' le carte, mischia e vede.
“Sei e sei mi dà diciotto,
io del resto me ne fotto”,
dice Papi Berluscone
alla sua televisione.
“Sei più sei sessantanove:
su, Minetti, fai le prove!”
suggerisce Capezzone
con la voce del padrone.
“Sei con sei fa mediasette,
metti in mostra le tue tette!”
strilla arzillo Signorini
dal giornal degli indovini.
“Qui succede un quarantotto!”,
dice Sandro, ch'è il più dotto,
“senza scopi, senza fini,
non saremo mai più primi!”
“Senza Fini, sì magari,
però scopi, senza eguali!”
controbatte il fiero Papi
pria che Ruby l'egiziana
si sollevi la sottana
ridestando l'attenzione
dell'intera sua legione.
S'odon voci, spuntan cori,
si riscaldano gli umori:
-“Qui si passa o non si passa?”
-“Date a me quella vaiassa!”
-”Ti carfagnerei per ore!”
-”Io ti briffo nel mio cuore!”
In quel mentre timma il fono,
tre tre cinque è quello buono:
“O soldati dell'amore,
l'altra sponda è un disonore!
Libertà per ogni pene,
questo è ciò che ci conviene!”.
Poi si alza sull'arcione,
ed emette un pernacchione:
è il programma di governo
attuato dall'interno.
Detto fatto, la legione
guada tosto il Rubycone
ma la nebbia cispadana
rende la visione arcana.
Nella foga dell'azione
muore un vecchio centurione;
è Cicchitto, il veterano:
rende l'anima dall'ano.
Per varcare indenni il fiume
est necesse un grande acume:
con il genio di Tremonti
già si getttano due ponti.
Ma di banche, e di Verdini:
han più buchi dei colini.
Primo annega chi non tocca,
a Brunetta il cul rabbocca.
La Brambilla, nave scuola,
s'offre lei di far la spola:
aggrappato alla sua tetta,
così naviga il Brunetta.
Ma la lista della spesa
gli fa perdere la presa,
mentre grida in mezzo ai flutti
“Siete fannulloni, tutti!”.
Al suo corpo galleggiante
pur s'avvinghia qualche fante:
rende in morte più che in vita,
da pallone salvavita.
Vanno a fondo Capezzone,
Calearo e Scilipone;
Stracquadanio già è spirato
dopo aver tanto leccato.
Riesce infine la legione
a passare il Rubycone:
“Al senato, dannazione!”
grida Papi Berluscone.
Bossi, Cota e Calderoli
poi rimestano i paioli:
la polenta a tutti quanti
dà una forza da giganti.
Per sei giorni Berluscone
scorribanda la nazione:
dalla Puglia Vendoliana
in un'altra settimana
giunge a Roma, invitto e duce
e il suo sguardo si fa truce.
Dopo la ferita inferta
la Repubblica è deserta:
non c'è più l'opposizione,
che sinistra dimensione.
Sol rimane un vecchio strano
che con l'orinale in mano
scruta aruspice il prodotto
che da sopra giunge sotto.
...........................................
O lettore mio sodale,
lascio a te porre il finale:
attenzione, non sbagliare,
se tu ancor vorrai votare.

SM