Satira onirica.
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giovedì 29 agosto 2013
lunedì 26 novembre 2012
martedì 3 luglio 2012
martedì 8 novembre 2011
Crisi di Governo, poesia erotica
Introduzione all'introduzione di materiale surrettizio nel retto della presidenza; nell'orgia di governo si cambia posizione. [archiloco]
domenica 25 settembre 2011
A Mariastella, artefice del tunnel
Sulla scia del comunicato ufficiale rilasciato dal Ministero dell'Istruzione, S.M. ci propone una poesia riprendendo il famoso sonetto di Dante Alighieri "Tanto gentile e tanto onesta pare" tratto dalla Vita Nova. Una poesia satirica che la Ministro Mariastella Gelmini deve beccarsi senza alcuna possibilità d'appello!
Altri Sette Haiku per la Gelmini e i suoi Tunnel Segreti.
Ecco a voi altri 7 HAIKU sulla Gelmini e i suoi tunnel segreti. Nel caso vi sia persi la prima parte, vi piazzo il link per gli haiku di ieri.
sabato 24 settembre 2011
Sette HAIKU per Mariastella Gelmini e i suoi Tunnel Segreti.
Mariastella Gelmini, ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (wow!!!), in data 23 Settembre 2011 ha pubblicato il seguente comunicato stampa in cui si legge
"Alla costruzione del tunnel tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l'esperimento [...]
"Alla costruzione del tunnel tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l'esperimento [...]
Com'era prevedibile, l'intero web si è scagliato contro il suddetto personaggio della Marvel, al quale dedichiamo qualche nostro simpatico Haiku.
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sabato 11 giugno 2011
Gli Ultimi Giorni d'Arcore, poesia.
GLI ULTIMI GIORNI D'ARCORE (novenari in rima baciata da Giuda Finiscariota)
Nel bunker d'Arcore si avverte
il rombo delle grosse berte,
che già da giorni è sottofondo
allo spettacolo più immondo
che Silvio possa concepire.
In men che non si possa dire,
puzzoni rossi e miscredenti
insieme a zingari fetenti
il Sacro Regno Millenario
che fu di Ruby e di d'Addario
han profanato con bandiere
che non son certo rossonere:
perfin sul Duomo di Milano
svendola il pio simbol Pisano.
Le facce tristi, i cuori spenti
dei caporioni là presenti
dicono più di quanto possa
questa mia lingua rozza e rossa.
Se Stracquadanio e Capezzone
leccan la mano del padrone,
(che sempre ha amato molto i cani),
è perché aspettano domani,
quando il B1 ed il B2
lanciati dalle mani sue
distruggeranno la credenza
d'un comunista di Faenza.
E per riprendere Milano
si lancerà Angelino Alfano,
il cui testone nucleare
tutti i processi può bloccare:
persino meglio di un Katyuscia
annienta il giudice bauscia.
Da Radio Londra si dichiara
che i rossi tengono Ferrara,
ma poi si scopre ch'é Giuliano:
chi lo circonda lo fa invano,
che tutti inghiotte il Leviatano.
Purtuttavia nell'ombra trama
Tremonten Julius, comandante
delle Essebossen del Levante:
tutto levò al contribuente,
ma solo se povera gente.
Aspira ad esser successore
del Fuhrer massimo d'Arcòre,
con Von Maronen e Von Koten
che sotto gli ungon le ruoten.
Ma al Berluchstag sotto le bombe
un altro grande rischio incombe:
e Von La Russen, trafelato,
il pizzo tutto bruciacchiato,
giunge e dichiara con mestizia
che è già dei rossi la Letizia.
Pietrificato, Berlusconi
non trova più quei paroloni
con cui solea galvanizzare
le masse e le escort da scopare:
solo ripete a una ministra
“Historia Vitae est Demagistra.”
Con lui rimane Frau Gelmini,
che insegna a teneri bambini
il canto detto di Ugolino:
ma traditore fu il Bocchino,
e più dell'escort può il digiuno.
Ormai non resta più nessuno:
vicino a Silvio Berluskonen
rimangon Bondi e Kapezzonen,
Emilio Feden col cianuro
e uno che ancor ce l'ha un po' duro,
ma con le pallen ammosciate
dopo Novara e Gallarate.
Così finisce la canzone
di Silvio Fuhrer Berluscone:
non si trovò più la sua salma,
ma ancora là, con triste calma,
si vede il fido Emilio a cuccia
che l'osso del suo Silvio ciuccia.
Nel bunker d'Arcore si avverte
il rombo delle grosse berte,
che già da giorni è sottofondo
allo spettacolo più immondo
che Silvio possa concepire.
In men che non si possa dire,
puzzoni rossi e miscredenti
insieme a zingari fetenti
il Sacro Regno Millenario
che fu di Ruby e di d'Addario
han profanato con bandiere
che non son certo rossonere:
perfin sul Duomo di Milano
svendola il pio simbol Pisano.
Le facce tristi, i cuori spenti
dei caporioni là presenti
dicono più di quanto possa
questa mia lingua rozza e rossa.
Se Stracquadanio e Capezzone
leccan la mano del padrone,
(che sempre ha amato molto i cani),
è perché aspettano domani,
quando il B1 ed il B2
lanciati dalle mani sue
distruggeranno la credenza
d'un comunista di Faenza.
E per riprendere Milano
si lancerà Angelino Alfano,
il cui testone nucleare
tutti i processi può bloccare:
persino meglio di un Katyuscia
annienta il giudice bauscia.
Da Radio Londra si dichiara
che i rossi tengono Ferrara,
ma poi si scopre ch'é Giuliano:
chi lo circonda lo fa invano,
che tutti inghiotte il Leviatano.
Purtuttavia nell'ombra trama
Tremonten Julius, comandante
delle Essebossen del Levante:
tutto levò al contribuente,
ma solo se povera gente.
Aspira ad esser successore
del Fuhrer massimo d'Arcòre,
con Von Maronen e Von Koten
che sotto gli ungon le ruoten.
Ma al Berluchstag sotto le bombe
un altro grande rischio incombe:
e Von La Russen, trafelato,
il pizzo tutto bruciacchiato,
giunge e dichiara con mestizia
che è già dei rossi la Letizia.
Pietrificato, Berlusconi
non trova più quei paroloni
con cui solea galvanizzare
le masse e le escort da scopare:
solo ripete a una ministra
“Historia Vitae est Demagistra.”
Con lui rimane Frau Gelmini,
che insegna a teneri bambini
il canto detto di Ugolino:
ma traditore fu il Bocchino,
e più dell'escort può il digiuno.
Ormai non resta più nessuno:
vicino a Silvio Berluskonen
rimangon Bondi e Kapezzonen,
Emilio Feden col cianuro
e uno che ancor ce l'ha un po' duro,
ma con le pallen ammosciate
dopo Novara e Gallarate.
Così finisce la canzone
di Silvio Fuhrer Berluscone:
non si trovò più la sua salma,
ma ancora là, con triste calma,
si vede il fido Emilio a cuccia
che l'osso del suo Silvio ciuccia.
S.M.
mercoledì 20 aprile 2011
venerdì 18 marzo 2011
Mariastellae Meae Laudes
Mariastellae meae laudes.
Qui canterò con novella baldanza
quella valletta d’antica speranza
che della scuola fe’ trista mattanza
Vizza ninfetta senza cedimento
che a Brescia arraffo' un ghiottissimo cento
e Reggio la fe' avvocato in un momento
Passati gli anni per fica di legno
Intanto ha falciato gia' mezzo sostegno
e ora non paga va dritta al mio assegno.
Brutto mestiere, quadrare i conti
Lesta lei chiede consiglio a Tremonti
e i suoi programmi son gia' belli e pronti
"Gli atenei son fondazioni
le comanda chi ha i milioni
Tutti gli altri son minchioni!"
Così la ricerca paga lo scotto
E per non finire stecchiti di sotto
Si compra il biglietto e si fa fagotto
O piscina di ignoranza
tu delizia dei sottopanza
ti si porti un’ambulanza!
Che per far di necessità virtù
perché Silvio non ci caschi più
gli hai tolto Giochi e Gioventù
“No non son queste le educatrici
che hanno creato gli stipendifici
vattene altrove coi tuoi sacrifici!”
Replica Silvio,” una donna indegna
è chi lavora e rimane pregna,
peggio se ha una famiglia e insegna"
Così per dare una bella lezione
a quelle che sfruttano la gestazione
Ti sei fatta pipare e sfoggi il pancione
Fra tate e inservienti tu fai vita bella
tu detergi-intelletti, tragica bidella
serva dei servi, Mariastella!
Franklin Delano Impellenza
martedì 15 marzo 2011
domenica 27 febbraio 2011
Silvio e la Pubblica Educazione, un'allocuzione
Amici della rete, avete udito?
Oggi, alle cattoliche famiglie,
il grande Silvio ha detto preoccupato:
“Chi va alla scuola pubblica poi raglia,
colpa dei comunisti e dello stato!
Se avete figli, e soprattutto figlie,
a tali orrori voi ponete il veto,
il vostro Presidente vi consiglia:
sempre privato, e deprivar del voto
è il nostro motto, è la nostra Itaglia”.
Dal podio religioso li ha esortati:
“Conosco un istituto la cui soglia
non varca lo studente senza voglia:
vi insegnano docenti preparati,
pensate, la Gelmini han rimandato
perché in oral non era troppo sveglia:
il manico leccava e non la teglia,
nel refettorio poi ch'avea mangiato.
Ma del suo gran talento erano prove
che io, gran pedagogo, ho valutato,
non mai meno di sei e più di nove (69).
Lì anche la Brambilla ci studiava,
e i voti che pigliava, e quanto prese!
Ché nel pigliar nessuno la batteva,
tanto che le battone del paese
le davano la caccia per difesa
sicché i cacciati poi sempre difese.
Ma vengo (mi è consueto...) a dirvi
delle materie e dei docenti insigni
che all'Istituto San Martin de' Servi
alta virtute insegnano ai più degni:
le lingue tutte docet Capezzone,
ch'egli è sapiente a menadito
nel'arte di chi lecca il suo padrone;
v'è poi Ciccchitto, professor del peto
parlamentare, e pure di trombone.
La Russa insegna l'arte militare
di stare con Gheddafi, e poi scappare;
Brunetta infine, splendido docente,
ma alle lezioni quasi mai presente.
Altro che Rubbia, Rodotà o Messori!
Bungologia, con grandi professori!
Dopo ciò detto, potrei continuare,
ma chiedo venia, amici della Chiesa:
mi chiama la missione d'educare
una fanciulla ancor rimasta illesa”.
E sì com' è venuto se n'è andato,
il Grande Educatore dello Stato.
SM
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